Anno Mille | Monaci ed Eremiti verso il Gregorianesimo Riformista del Clero

Gli antefatti ecclesiastici alla lotta delle Investiture sorgono dall’anelito di purezza e dal ripudio della violenza dei monaci riformisti

Nei primi secoli del cristianesimo la religione è rituale, in sincretismo con i preesistenti culti pagani che va a inglobare: di qui l’attenzione per i simboli e la taumaturgia, che imperniano, appunto, il cristianesimo rurale e popolare; lo sguardo è rivolto alle reliquie e alle immagini, nonché alle grandi personalità quali San Martino di Tours in Gallia; sorgono santuari innalzati a particolari divinità, quali l’Arcangelo Michele sul Monte Gargano in Puglia e, poco più tardi, Mont Saint Michel sulla Manica e San Michele della Chiusa in Piemonte (allo sbocco della via Francigena per i pellegrini che dal mondo anglosassone e franco giungono a Roma), San Giacomo di Compostela in Galizia o dedicati al concetto più remoto del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Il popolo ha bisogno di un significato altro ed aulico della vita, così San Gregorio Magno compone in quattro libri di Dialoghi leggende intrise di santità. Il carattere del cristianesimo delle origini è fortemente soteriologico e imperniato, anche sul sincretismo orientale mediterraneo delle religioni salvifiche, è proprio nel solco della salvezza che si colloca tra il X e l’XI secolo la dedica del 2 novembre a tutti i defunti, da parte del monaco cluniacense Maiòlo, preoccupato che non tutte le anime possano essere salvate; nei medesimi secoli si pone l’attenzione sul culto del Cristo sofferente e sull’umanità di Maria, Madre di Dio ma, al contempo, Mater Misericordiae.

Nell’età postcarolingia, così, le élite sviluppano una propria ricchezza di interpretazioni del simbolismo cristiano, articolandosi in una realtà monacale o canonicale. Mentre la restaurazione culturale carolingia era avvenuta nel segno del conformismo, gli sviluppi culturali post carolingi, nati da questa restaurazione, si collocano in una più ampia pluralità di orientamenti.

Il monastero di Cluny– Il più peculiare ed emblematico tra questi movimenti è rappresentato dai Cluniacensi, movimento monastico capostipite del quale è Benedetto d’Aniane, che, in età carolingia, dopo anni passati nell’ascesi da eremita, richiamandosi alla regola di Benedetto da Norcia, disciplina però preghiera privata e collettiva, dando maggior vigore alla vita liturgica comunitaria. Il monastero di Cluny viene fondato nel 909 dal duca Guglielmo d’Aquitania e l’Abate Bernone, nella zona di Macon, a occidente della Saona. In esso i monaci arrivano a recitare sino a oltre duecento canti al giorno. Il successore di Bernone, l’abate Oddone, insiste nel contrappore la spiritualità dei buoni, viri spirituales, viri perfecti, contrapposti ai perversi del mondo, schiavi dei desideri carnali. Eppure Oddone sceglie come suo paladino il conte Geraldo d’Aurillac, perfetto nella sua virginale mitezza e integrità morale, che mai insanguinò la sua spada, tanto da ispirargli la Vita Sancti Geraldi: è la prima volta che un laico entra nel pantheon cristiano medioevale. Oddone viene invitato a Roma dal principe Alberico: qui ispira l’abate Ugo di Farfa che, simoniaco pentito, fonda in Sabina lo splendido monastero di Farfa, raccontando i suoi “peccati” di acquisto delle cariche ecclesiastiche nella Constructio monasterii Farfensis, nella Destructio e nella Relatio, collocando, con grande lucidità, la decadenza della sua abazia, nel disfacimento delle strutture politico militari post carolingie, dei secoli IX e X: cessante la milizia italica, dice Ugo, principiarono le invasioni saracene, che costrinsero gli abitanti di Farfa di circondarsi di milizie private, senza disdegnare di darsi alla (necessaria) violenza.

A Oddone succede Maiòlo, venerato, come il suo predecessore, come santo: l’abbazia raggiunge lo splendore, anche per le pie donazioni dei laici, tanto che, al tempo del successore di Maiòlo, Odilone, dalla fine del X secolo all’inizio dell’XI, essa è al centro dell’attenzione d’Europa.

Discepolo di Maiòlo è Guglielmo di Volpiano viene offerto monaco dai suoi nobili parenti al monastero dei Santi Michele e Genuario di Lucedio, nel Vercellese: dal Piemonte alla Lombardia, Guglielmo fonda monasteri, con fulcro nell’abbazia di San Begnino di Digione nella Borgogna francese. Suo discepolo è il ravennate Giovanni di Fèchamp, che scrive di confessioni e di preghiere, in un continuo e sospirante colloquio col divino che, a differenza del più sanguigno Ugo di Farfa, lo avvicina alla superiorità intellettuale ascetica. Due correnti di riforma, dunque, si incominciano a intravedere, pur essendo l’epoca stessa permeata di una commistione ancor insolubile.

San Michele della Chiusa –  è il caso di San Michele della Chiusa, che vede convergere ricchezza ed eremitismo: la solennità della Sacra collima con l’ascesi eremitica.

Eremiti – è appunto il movimento eremitico a svilupparsi nei secoli X – X, con Romualdo di Ravenna a proporre la vita ascetica non già ai monaci esperti ma a tutte le anime forti volenti darsi, prima tra le paludi romagnole-venete, poi sulle selve montane, alla meditazione e alla privazione dal mondo. Egli disdegna la violenza del mondo, riprende l’insegnamento del tardo antico Giovanni Cassiano, ripropone la cultura dei primi secoli del cristianesimo come “eroica” di contro al “tradimento” delle spade e del sangue. Viene seguito da Pietro Orseolo I, già doge di Venezia, dal suo compagno Giovanni Gradenigo e dal giovane Bruno di Querfurt, parente dell’imperatore Ottone III. I quattro uomini ripudiano la violenza di cui l’ambizione si nutre, e si ritengono “anime privilegiate”, in un’aspra vita d’eccezione che non molti possono avere la forza di seguire.

Camaldoli – nell’Aretino, a imitazione di Romualdo, sorge la colonia di Camaldoli, congregazione monastica che influirà sui Vallombrosiani, che sorgeranno pochi anni dopo la scomparsa di Romualdo, e ispireranno la fondazione di nuovi cenobiti in Toscana, spesso in lotta per la riforma del clero.  Già si andava dunque, delineando, la lotta riformista, di contro alla corruzione del papato.

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